Ridiamo futuro alle imprese balneari
È ormai ampiamente condiviso che il turismo italiano costituisce un settore fondamentale per l’economia nazionale che può ulteriormente contribuire alla crescita complessiva del Paese.
Così come è un dato incontrovertibile che per la parte di gran lunga più rilevante della domanda turistica, nazionale ed estera che si riversa nel nostro Paese, la “vacanza” continua ad essere sinonimo di “vacanza al mare”.
Riteniamo, pertanto, ormai universalmente acquisita sia l’importanza della balneazione attrezzata italiana (che da sola costituisce circa il 30 % di quella di tutto il Continente europeo) sia la necessità di difendere e valorizzare le 30.000 imprese che operano in regime di concessione demaniale.
Contrasta con questo rilievo il colpevole ritardo delle nostre Istituzioni nell’affrontare e risolvere la grave situazione di profondo malessere del settore per un superato assetto normativo causa di contenzioso e di stallo negli investimenti e nell’innovazione.
Naturalmente la questione più urgente riguarda la durata ed il futuro delle concessioni demaniali marittime, a seguito del venir meno del loro rinnovo automatico o cd diritto di insistenza per l’intervento della nostra Magistratura e delle Autorità europee.
Ma, come dovrebbe essere ormai noto a tutti, non solo di questo si tratta.
Come non restare stupefatti nel constatare come questo settore cruciale sia ancora sostanzialmente disciplinato dal Codice della navigazione del 1942 e che il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni sia stato così parziale e contradditorio da creare sin qui conflitti istituzionali e ulteriore confusione per le aziende interessate ?
Necessitano di soluzioni innovative un insieme di problematiche: dalle modalità di affidamento delle concessioni alla natura delle opere, dalle delimitazioni dei beni demaniali ai criteri di determinazione dei canoni, dalle fattispecie estintive e modificative alla sovrapposizione di soggetti titolari delle funzioni.
Occorre, in altri termini, mettere mano con urgenza ad un’azione riformatrice che assicuri il perseguimento dell’interesse pubblico proprio attraverso un moderno e razionale uso delle spiagge quale importante risorsa economica, oltre che ambientale, del Paese la cui integrità e consistenza, del resto, è stata più volte garantita anche dagli ingenti investimenti delle imprese attraverso Accordi di programma con la Pubblica Amministrazione.
E’, pertanto, ormai tempo di riscrivere la parte demaniale del Codice della Navigazione che è diventata obsoleta rispetto al nuovo assetto istituzionale e comunitario, anche al fine di introdurre elementi di semplificazione (DIA, conferenze di servizi, eliminazioni di valutazioni superflue come quelle doganali, ecc.) di procedure amministrative che attualmente ritardano o impediscono ammodernamenti e innovazioni di cui il settore ha costantemente bisogno.
Bisogno avvertito anche dalle Regioni le quali, dovendo gestire le funzioni amministrative, hanno condiviso con la categoria la necessità e l’urgenza di un intervento riformatore.
Del resto le Regioni ne sono talmente consapevoli che ripetutamente e solennemente hanno chiesto allo Stato centrale di intraprendere questa azione di adeguamento normativo (Documenti della Conferenza delle Regioni del 19 aprile 2012, dell’8 maggio 2014 e, da ultimo, del 25 marzo 2015 oltre alle innumerevoli Petizioni dei Consigli regionali) tentando persino di sopperire all’inerzia statale con proprie leggi regionali (come è noto oggetto poi di contenzioso costituzionale).
La messa in discussione, da parte della nostra Magistratura, della proroga dei titoli concessori al 2020 e la situazione di evidente svantaggio competitivo rispetto alle imprese concorrenti ubicate in Paesi nostri diretti competitori (ove, per esempio, la durata delle concessioni è di gran lunga superiore alla nostra come la Spagna, il Portogallo e la Croazia), rendono ormai non più rinviabile la costruzione di un nuovo modello normativo per le imprese impegnate nella balneazione attrezzata.
In tale riordino è di particolare centralità ed urgenza la salvaguardia delle aziende attualmente operanti nel rispetto di due principi giuridici e di giustizia tanto elementari quanto fondamentali.
In primo luogo la tutela della certezza del diritto e della buona fede di chi ha confidato nell’assetto normativo e amministrativo previgente: il cd legittimo affidamento che rischia di essere gravemente leso e offeso se non viene trovato il corretto e giusto rimedio.
Lo Stato – che per decenni ha garantito, con le norme e con la prassi amministrativa costante e uniforme, la continuità delle imprese e con essa gli investimenti non solo di capitali, ma soprattutto del lavoro che ha comportato una vera e propria scelta di vita per oltre 100.000 persone – non può venir meno al suo impegno così solennemente assunto senza un adeguato e giusto rimedio.
Ma oltre a tale principio giuridico, non potrà non essere garantito il diritto alla proprietà aziendale degli attuali operatori balneari costituzionalmente e comunitariamente tutelato (v. in proposito anche la recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea del 28 gennaio 2016 nella causa C-375/14).
Infatti, come riconosciuto dall’autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato, la concessione demaniale costituisce un elemento essenziale dell’azienda, così che la perdita della prima comporta inesorabilmente anche il venir meno della seconda.
Con la conseguenza che la messa a gara delle concessioni in essere, individuate e valorizzate non dalla Pubblica amministrazione ma dagli attuali titolari o loro danti causa, comporta necessariamente il trasferimento coatto dell’azienda con conseguente suo sostanziale esproprio.
In conclusione si ribadisce che il riordino generale della materia dovrà contenere quanto da tempo è stato chiesto dalle scriventi Organizzazioni di categoria e che, a conferma della sua giustezza e irrinunciabilità, qui di seguito si riporta:
- Una diversa più lunga durata delle concessioni demaniali marittime nel minimo pari almeno a 30 anni da assicurare, in ossequio ai principi costituzionali di eguaglianza e parità di trattamento, anche alle imprese attualmente operanti al fine di salvaguardare la peculiare caratteristica di gestione familiare della balneazione italiana attraverso la preminenza del fattore “lavoro” su quello del “capitale investito”;
- l’alienazione con diritto di opzione in favore dei concessionari delle porzioni di demanio marittimo che da tempo hanno perso le caratteriste della demanialità e della destinazione ai pubblici usi del mare;
- riconoscimento del valore commerciale dell’azienda balneare da trasformarsi in ristoro a favore del concessionario nel caso di una cessione coattiva in favore di terzi;
- la modifica dei criteri di determinazione dei canoni demaniali marittimi ex art 1, comma 251, legge 27 dicembre 2006, 296 che li renda ragionevoli, equi e sostenibili.